Pubblicato su politicadomani Num 89 - Marzo 2009

Essenziali “distinguo”
Pillola del giorno dopo. Aspetti etici e giuridici

Contraccezione di emergenza, o piccolo aborto? Le risultanze scientifiche chiariscono che la distinzione, nella maggioranza dei casi, è solo ideologica
Marta Pietroni

Riflettere oggi sull’interruzione volontaria di gravidanza significa anche confrontarsi con le nuove metodologie messe a disposizione dalle innovazioni soprattutto farmacologiche che permettono di intervenire in tempi e in modi “nuovi” sull’interruzione dello sviluppo dell’embrione. Sulla cosiddetta pillola del giorno dopo (diversa dalla tanto discussa pillola RU486) si sono accesi in Italia molti dibattiti sia politici che di carattere giuridico. Per superare le numerose difficoltà il farmaco è stato presentato da alcuni - tra i quali, all’epoca, il Ministero della Salute - come forma di “contraccezione d’emergenza” .
Le maggiori obiezioni all’utilizzo di questo farmaco derivano dal fatto che avendo esso soprattutto un effetto di tipo antinidatorio, non permettendo cioè all’ovulo già fecondato di annidarsi nell’utero, molti ritengono la pillola del giorno dopo un farmaco abortivo. Da qui l’acceso dibattito circa l’esistenza del diritto, da parte degli operatori sanitari, di ricorrere all’obiezione di coscienza. A questo proposito nel 2004, il Comitato Nazionale per la Bioetica si dichiarò a favore della possibilità da parte dei medici di effettuare obiezione di coscienza, fatta salva tuttavia la salute della donna. Il parere del Comitato non ha però alcun valore vincolante.
Nei primi mesi del 2008, in seguito ad alcune inchieste giornalistiche relative alla difficoltà di reperire il farmaco, l’allora Ministro della Salute Livia Turco dichiarò che “la pillola del giorno dopo e la contraccezione d’emergenza vanno garantite in consultori, pronto soccorso e presidi di guardia medica”.
Riconoscere che la pillola del giorno dopo ha effetti abortivi pone un grave dilemma giuridico perché equivarrebbe a permettere aborti al di fuori delle procedure previste dalla legge sull’interruzione di gravidanza n. 194/78. “Permette infatti di sfuggire tutte le procedure obbligatorie che la 194 prevede per poter accedere all'interruzione di gravidanza (colloquio previo, accertamento di gravidanza, determinazione dell'epoca di sviluppo, periodo di ripensamento, etc.), realizzando una forma di aborto del tutto nascosta e non registrabile da alcuna istituzione. Tutto ciò appare, dunque, in netta contraddizione con la corretta applicazione della pur contestabile legge 194”, precisa in una nota del 31/10/2000 la Pontificia Accademia della Vita.
Nascono da qui le discussioni intorno al fatto che si possa parlare o meno di gravidanza prima che l’embrione si sia annidato. Un tentativo, a nostro giudizio, di negare con una scappatoia lessicale un dato certo: l’esistenza di una vita nascente.
In base a recenti studi dell’European Medical Association risulta che la diffusione della “pillola del giorno dopo” ha dato nel complesso risultati fallimentari quanto a riduzione di gravidanze e di aborti. Inoltre, secondo alcuni studi, non esiste alcuna correlazione tra l’efficacia del farmaco e i tempi di assunzione. La supposta urgenza prescrittiva pare quindi reggersi su dati in realtà di scarso rilievo. Anche la strategia contraccettiva che si nutre dello slogan “più contraccezione, meno aborti” si è dimostrata fallimentare: infatti, ad oltre 40 anni dall’introduzione della pillola anticoncezionale, il numero di aborti è andato sempre crescendo.
Inoltre, poiché è reale la possibilità che la pillola del giorno dopo abbia un effetto abortivo, la valutazione etica sull’utilizzo di tale farmaco è estremamente cauta anche in molti ambienti laici perché c’è il serio pericolo che un aborto “piccolissimo”, che non è neppure sentito né vissuto come tale, deresponsabilizzi sia la donna che il suo partner. Nella logica di chi riconosce la nascita della vita nel momento della fecondazione, si tratta di un aborto, sia pure meno fastidioso, sicuramente più comodo e meno problematico per la limitata percezione di esso che ne deriva. Rimane il fatto che l’uso di queste nuove tecniche si accompagna ad un progressivo svilimento della vita umana, la cui possibilità di esistenza è affidata al giudizio del singolo. Già il nome del farmaco, “pillola del giorno dopo”, suggerisce che alle conseguenze di un determinato atto e alle responsabilità ad esso collegate si può pensare il giorno dopo. Un modo gravissimo di tacere della portata educativa e formativa collegata alla educazione sessuale, soprattutto nei giovani. Sono gli stessi ginecologi che hanno lanciato l’allarme: l’uso così frequente della pillola del giorno dopo (a tutto vantaggio delle case farmaceutiche, che hanno visto aumentare esponenzialmente i loro profitti) comincia a suscitare qualche seria preoccupazione. In un recente articolo (Corriere della Sera, 9 giugno 2008) sono stati riportati i dati relativi all’utilizzo della pillola del giorno dopo nel nostro paese: da 320.000 confezioni vendute in Italia nel 2006, si è passati a 370.000 confezioni nel 2007; il 55% delle donne che ne fanno uso sono under 20. Il farmaco è diventato il contraccettivo di prima scelta per le giovanissime, un fatto che è sintomo di gravi carenze in famiglia e nella scuola sul fronte dell’educazione e della prevenzione. Nello studio, condotto dalla sessuologa Alessandra Graziottin, direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia al San Raffaele di Milano, risulta che le giovanissime considerano la pillola del giorno dopo un contraccettivo comune, “dimenticando che un rapporto protetto è tale non solo se protegge dai figli indesiderati, ma anche dalle malattie”. Si assiste, di contro, al un proliferare di malattie sessualmente trasmissibili tra le giovanissime e i giovanissimi. Un risultato grave dovuto anche ad una falsa idea di emancipazione sessuale che ha portato ad una progressiva deresponsabilizzazione e ad una banalizzazione della sessualità e dell’atto sessuale stesso, che in questo modo è stato privato della sua importanza e del valore che gli compete, e perfino della sua poesia.

 

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